In questo modo le compagnie aeree olandesi non devono spostare gli aerei su altri scali.
https://www.aviation24.be/airports/amsterdam-schiphol-ams/coronavirus-extra-plane-parking-on-the-aalsmeerbaan-18l-36r-runway-of-amsterdam-airport-schiphol/
News, analisi e anticipazioni su tutto quello che gira intorno a Milano Malpensa e all'aviazione civile in Italia
O saremo bravi a dire che quando è finita si può tornare o temo che rimarrà un pregiudizio verso l’Italia, un po’ come noi lo abbiamo verso la Cina.I-TIGI ha scritto:Emirates riprende voli sull Europa, niente Italia.
https://www.advtraining.it/news/71865-emirates-riparte-da-lunedi-nuovi-voli-per-l-europa
Si' uno/due anni al massimo di produzione, ma i numeri sono modesti.malpensante ha scritto:Ci sono ancora 380 che Airbus deve ancora costruire per Emirates?
A me risulta che la convertano ai 321Neo / LR / XLRI-TIGI ha scritto:Sembra che la linea di produzione verrà mantenuta per un futuro WB
Colpo di scena: due 747 KLM tornano in servizio per trasportare cargo, soprattutto da e per la Cina.FlyIce ha scritto:La crisi si sta portando via gli aerei meno economici da operare, anche se importanti e amati:
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- domani sarà la volta dei 747 KLM, pax e combi
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Nel blu, dipinto di nero: un punto sulla crisi nell’aviazione
RIPERCUSSIONI Rispetto allo scorso anno l’offerta globale di voli è calata del 64%, con punte oltre il 90% in Paesi come la Svizzera o l’Italia – «E non è detto che, passata l’emergenza coronavirus, la gente voglia tornare subito a viaggiare» spiega l’esperto Marco Giovanniello
Di Marcello Pelizzari ¦ 15 aprile 2020 , 17:58 ¦ Approfondimenti
Nel blu, dipinto di blu. Peggio, di nero. Le compagnie aeree sono a terra. Alcune potrebbero non risollevarsi più, altre dovranno ricorrere ad aiuti statali. Colpa del coronavirus. Si è divorato voli e profitti. Secondo il portale OAG, rispetto a un anno fa l’offerta a livello globale è diminuita del 64%. Se consideriamo i singoli Paesi, il dato peggiora sensibilmente: Germania, Spagna, Regno Unito, Francia, Italia e Svizzera ad esempio hanno superato la soglia del 90%. Nessuno vola, o quasi. Swiss, la compagnia di bandiera elvetica, sta adoperando la miseria di 6 aerei sui 91 totali.
Il problema è il «quando»
Mentre la Cina pian pianino recupera e gli Stati Uniti provano a resistere, l’Europa è in piena turbolenza. Di più, non è chiaro se (e quando) la crisi finirà. «Da Malpensa mi confermano che, in pratica, gli unici voli programmati sono quelli di recupero» dice Marco Giovanniello, esperto di aviazione attivo a suo tempo presso SEA, la società che gestisce gli scali milanesi. Voli per riportare a casa gli italiani bloccati all’estero o, viceversa, per rimpatriare cittadini di altri Paesi rimasti in Italia. Funziona, per contro, il settore cargo. Ma è un palliativo, ora come ora.
Se il virus colpisce la psiche
Il virus ha colpito l’aviazione. Ma ha colpito anche la psiche dei passeggeri. Avremo voglia di viaggiare alla fine di tutto? «C’è viaggio e viaggio» ribatte l’esperto. «Il pendolare tornerà a fare il pendolare, anche se è lecito chiedersi se ricorrerà al trasporto pubblico. Magari, per timore di nuovi contagi utilizzerà la sua auto. Finché durerà il senso di paura, beh, assisteremo a cambiamenti pazzeschi nelle abitudini della gente. Lo stesso vale per gli aerei e, di riflesso, per il turismo. Chi ha voglia di vacanze nei prossimi mesi? Sia i viaggi d’affari sia quelli di piacere riprenderanno, d’accordo. Il problema è quando. Fra sei mesi? Un anno? Due?». Di una cosa Giovanniello è certo: «Il raggio d’azione si ridurrà. Uno zurighese sceglierà mete più vicine e sicure. Molto dipenderà dalla situazione sanitaria. E dai soldi in tasca: perlomeno inizialmente, le ferie saranno ad uso esclusivo delle fasce medio-alte. Bisognerà capire, poi, se la gente sarà nuovamente disposta a volare schiacciata come un tempo. Se l’idea che avevamo di aereo tornerà. E se sarà ancora associata, che ne so, alla vacanza a Ibiza con la discoteca annessa. Questo mondo, insomma, lo ritroveremo? E che ne sarà di quei Paesi che vivono quasi solo di turismo, come Egitto o Maldive? D’altro canto, è chiaro che non possiamo andare avanti così in eterno. Prima, sull’asse Milano-Roma, fra Italo e Frecciarossa c’era un treno ogni quarto d’ora. Ora entrambi i competitor offrono un collegamento al giorno. Il trend, in Europa, ci dice che il picco è stato raggiunto e che è iniziata la discesa. Ma i problemi, enormi, rimarranno».
Chi fa trasporto su rotaia non dovrebbe avere problemi a ripartire. Il discorso cambia nel caso dell’aviazione. «Uno potrebbe pensare che per mandare avanti una compagnia aerea servano tanti soldi» prosegue Giovanniello. «Un sedile di un Airbus più o meno costa un milione di franchi, se vogliamo buttarla in cifre. In realtà, però, diverse compagnie sono cresciute senza capitale. Puntando sul leasing invece dell’acquisto di velivoli da un lato e, dall’altro, spingendo il passeggero ad acquistare in anticipo il biglietto. Quasi il 100% dei britannici a Natale aveva già riservato le vacanze estive. Il business dell’aviazione funziona al contrario, per certi versi: prima incassi, poi offri il servizio e infine paghi i conti. Stupisce che nei guai ci sia Lufthansa. Si è ritrovata in brache di tela, complici le sue politiche di espansione. Chi è proprietario di aerei, come Ryanair, ora è più forte di colossi come Lufthansa. Certo, se la crisi proseguirà e andrà avanti fino a Natale, anche la low cost irlandese rischia di andare gambe all’aria».
Nei guai anche i costruttori
Chi ha molti leasing non può disfarsene a piacimento («Lo fa solo Alitalia, ma perché è in amministrazione controllata») contribuendo così a creare una tempesta perfetta. Se una compagnia non vola non guadagna, se non guadagna non può pagare i velivoli e finisce per fallire, «obbligando i lessor, cioè le società che offrono i leasing, a riprendersi gli aerei» spiega Giovanniello. Aerei che, vista la crisi, «difficilmente potranno essere piazzati altrove». Analogamente, il coronavirus ha anticipato la fine di molti modelli: gli Airbus A340 e A380 verranno pensionati. Non rendevano in volo, figuriamoci adesso. «Gli aerei sono bestie costose. Lo sono anche a terra, perché devi mantenerli. Ryanair fa volare i suoi Boeing a vuoto ogni 15 giorni». Bene, ma le soluzioni? «Le compagnie dismetteranno gli aerei vecchi e non ne prenderanno di nuovi, dando non pochi grattacapi a costruttori come Boeing o Airbus, anche se Boeing si era già conciata per conto suo con il progetto del 737 Max. È ciò che sta facendo EasyJet». L’altra soluzione si chiama aiuti statali. Una questione spinosa, anche se l’Unione europea ha dato il suo benestare mentre il Consiglio federale ha chiesto ai dipartimenti interessati di studiare delle soluzioni ad hoc. «Le compagnie degli Emirati hanno risolto da tempo questo cortocircuito. I loro vettori appartengono all’Emiro di turno e nessuno dice nulla. Il discorso da noi cambia: ci sono alcune concentrazioni. Penso al gruppo Lufthansa che ha addentellati in Svizzera, Austria e Belgio. Chi paga per chi? E chi deciderà poi?».
Eppure le compagnie aeree, reduci da un periodo di vacche grasse ad eccezione di Alitalia, teoricamente avrebbero dovuto avere delle riserve per i cosiddetti giorni di pioggia, posto che una pandemia metterebbe al tappeto chiunque. «Un po’ come le banche ai tempi della crisi dei subprime, gli anni positivi hanno spinto le compagnie a investire ancora o a pagare dividendi extra. Banalmente, nessuno nel business dell’aviazione pensava che sarebbero servite delle riserve. Assomigliavano ad un concetto paternalistico». E il futuro, per concludere, Giovanniello come lo immagina? «Il trasporto aereo subirà un ritorno all’indietro. Con meno passeggeri e, per chissà quanto, con interventi degli Stati nelle compagnie. Ma la Cina può darci speranza». Vero, là i voli sono tornati: il 13 aprile, l’offerta rispetto all’anno scorso era calata «solo» del 42%.
Misure di sostegno per Swiss e gli altri, piccoli compresi
Ci penserà lo Stato. Negli USA, con interventi per 25 miliardi di dollari. In Europa e anche in Svizzera. Il Consiglio federale sta preparando un pacchetto di misure a sostegno dell’aviazione. Ne beneficerà Swiss, ma non solo. L’obiettivo è chiaro: salvaguardare un settore chiave per la Confederazione. «Il valore aggiunto generato direttamente o indirettamente dal traffico aereo privato ammonta a circa 30 miliardi di franchi all’anno e interessa circa 190 mila posti di lavoro» recita la nota dell’Esecutivo.
In questo contesto si è mossa l’Associazione svizzera degli aerodromi, che raggruppa 50 infrastrutture del Paese fra scali regionali come Agno e aeroporti medio-piccoli. In una missiva indirizzata alla presidente della Confederazione Simonetta Sommaruga, l’Associazione riafferma l’importanza «sistemica» di queste realtà chiedendo che vengano incluse nel pacchetto di aiuti.
Il settore è in difficoltà a causa del coronavirus, già. E della conseguente, drastica riduzione dei voli. Secondo la IATA, l’Associazione mondiale del trasporto aereo, sono a rischio 25 milioni di posti di lavoro a livello globale. Il tutto mentre le compagnie questo trimestre bruceranno 61 miliardi di dollari. Per tacere di Kloten: a marzo, il numero di passeggeri è sceso del 62%. E Swiss, in tutto questo bailamme, come se la passa? Da noi contattata, la compagnia di bandiera non esclude «nuove, possibili misure di riduzione dei costi» oltre a quanto è già stato fatto, come il ricorso al lavoro ridotto. Il personale, prosegue la portavoce Meike Fuhlrott, sta affrontando la crisi con «grande professionalità e solidarietà». D’accordo, ma le cose torneranno come prima? E se sì, quando? Ancora Fuhlrott: «È troppo presto per valutare in che misura cambierà il comportamento dei nostri clienti a livello di viaggi. In generale, tuttavia, non ci aspettiamo che l’industria aeronautica torni rapidamente al suo livello pre-coronavirus. Si stima che ci vorranno mesi prima che le restrizioni sui viaggi vengano revocate e anni prima che la domanda globale di trasporto aereo ritorni al livello pre-crisi».