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    L'errore di ITA

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    Messaggio Da FlyIce

    La storia si ripete perché le lezioni che porta l'esperienza spesso non vengono recepite.

    Le vicende di ITA vengono dopo una lunga serie di fallimenti e di "rilanci" che vedevano sempre un bel taglio di flotta, personale e di dimensioni dell'azienda, nonostante l'enfasi e le speranze che questa fase portava.
    Troppe volte abbiamo sentito "questa volta sarà diverso" e non lo sarà neanche stavolta.

    Torniamo al penultimo grosso "rilancio": quello dei "capitani coraggiosi" che hanno privatizzato, almeno sulla carta, l'Alitalia a maggioranza pubblica, fallita dopo il ritorni all'hub naturale di Fiumicino.
    In quella vicenda, c'era sullo sfondo l'ombra di Air France, che era poi stata invitata ad entrare anche come azionista, pochi mesi dopo la partenza.
    La speranza dei capitani coraggiosi era di vendere tutto il pacchetto azionario ad Air France, magari facendoci pure un po' di guadagno.
    il punto è che erano legati ai francesi da accordi commerciali sul traffico internazionale e intercontinentale, quindi Air France controllava già quello che le interessava.
    Per farsi belli in vista della vendita, i nostri eroi decisero di puntare sul mercato nazionale, peccato che sia il meno redditizio, il meno interessante per chiunque voglia comprare. Il "predomino del nazionale" (parole di un dirigente Alitalia di allora) si rivelò un grosso errore.
    Tra le rotte nazionali spiccava la Linate-Fiumicino, che sarebbe stata a brevissimo distrutta dall'alta velocità ferroviaria.
    Ad Air France non interessava il mercato nazionale italiano: aveva già problemi con il suo mercato interno e la vendita non venne mai nemmeno considerata seriamente.

    Poco più di 10 dopo, dei quali 4 passati in Amministrazione Straordinaria e l'intervento insufficiente di banche, Poste e Etihad, abbiamo una situazione molto diversa: nessun privato è interessato ad investire in una nuova Alitalia perché è chiaro che sarebbero soldi persi quindi ci ritroviamo con ITA che ha come unico azionista il Ministero dell'Economia.
    Sottovoce e forse per non fare brutta figura in Europa, il governo dice di voler cedere a provati almeno parte dell'azionariato di ITA.
    Il management di ITA ha quindi pensato il piano in modo da rendersi appetibile per essere acquistato.
    Stavolta la coperta è corta, gli aereo sono proprio pochi e il mercato è stato devastato dalla pandemia; vanno fatte scelte coraggiose per sperare di avere successo, ma le pedine (gli aerei) da mettere in campo sono da dividere tra due basi principali, sempre le stesse: Linate e Fiumicino.
    Fiumicino permette la costituzione di un piccolo hub, qualcosa anche più grosso di quello Austrian a Vienna, che sosterebbe voli internazionali ed intercontinentali in misura superiore ad un pure traffico point to point.
    Linate è invece un aeroporto point to point puro, limitato per di più ai paesi dell'Unione Europea.
    ITA ha puntato su quest'ultimo per una ragione non commerciale: presidiare i preziosi slot, che altrimenti perderebbe e verrebbero riassegnati ai concorrenti, cosa che peraltro è già cominciata ad accadere con l'arrivo di nuovi vettori, incluse alcune compagnie low cost.
    In Italia, gli slot non si possono vendere ma solo "affittare" (con accordi tipo codeshare) o si possono ereditare comprando una compagnia.

    Per poter "vendere" ITA con successo stanno pensando a gonfiare il valore con gli slot di Linate, ma visto che si trovano anche gratis il valore vero è pari a zero. Il nuovo operativo ITA si spiega proprio in questo modo: salvare gli slot, non conquistare un mercato.
    L'operativo è sbilanciato sul nazionale e la Linate-Fiumicino è vendita con 18 frequenze al giorno, nonostante che l'affermazione ormai netta dell'alta velocità tra queste due città. Su rotaia c'è addirittura la concorrenza tra Italo e le Frecce, che garantisce prezzi sotto controllo e un ottimo servizio. Per ITA fare soldi sul nazionale, vincendo anche la concorrenza delle low cost, è un'ipotesi remota, una vera "mission impossibile".

    La strategia, per farsi belli e vendersi, si scontra con le aspettative di un compratore: la profittabilità. Non i volumi di passeggeri o slot, ma gli utili, non la quantità ma la qualità: traffico pregiato. Non c'è nulla di tutto questo nel piano di ITA.
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