... prosegue dalla >3a parte<
Poco tempo dopo la firma dell’accordo con Air France, il suo fautore (Mengozzi) venne travolto da una delle cicliche crisi di Alitalia, perché si rifiutò di ridurre il numero di esuberi previsti nel suo piano di ristrutturazione.
L’hub Alitalia, in quegli anni, viveva un periodo di relativa stabilità: qualche aggiustamento di frequenze e purtroppo qualche ulteriore sforbiciata, dovuta alle progressive riduzioni di dimensione della compagnia ed ai vani tentativi di efficientamento.
All’inizio del 2004, Mengozzi viene sostituito da Zanichelli, nuovo amministratore delegato, mentre come presidente viene nominato l’ex presidente SEA Giuseppe Bonomi. Entrambi si dimetteranno dopo pochi mesi.
Prima della fine dello stesso anno arriva Giancarlo Cimoli, sia come presidente che amministratore delegato: per lui è una promozione e una nuova sfida, visto aveva fatto bene come AD del Gruppo Ferrovie dello Stato.
Alcune mosse di Cimoli tendono a rettificare errori della precedente gestione: l’accordo con AF viene rinegoziato e Alitalia si porta a casa qualche soldo in più, ma la struttura del network congiunto rimane invariata e favorevole ad Air France.
Negli anni tra il 2004 ed il 2006, dopo molto tempo, Alitalia apre alcune rotte intercontinentali da Malpensa: Washington, Shanghai e Delhi si aggiungono al network dell’hub di Malpensa. Sembra un momento di rinascita dopo anni di sofferenza, ma è l’inizio della fine: la testa e il cuore dell’azienda sono a Roma. Molti lavoratori sono basati là e non vogliono trasferirsi, il risultato è che molti voli intercontinentali vengono operati da equipaggi base Roma, con costosi trasferimenti fuori servizio o pernottamenti in hotel non necessari. Peggio ancora, questo genera problemi operativi in caso di maltempo a Roma, perché quando i voli con gli equipaggi ritardavano o erano cancellati, si dovevano annullare i voli da Malpensa anche se lì le condizioni meteo erano buone, con i passeggeri che stentavano a capire cosa stesse accedendo. Gli extra costi vengono indicati da lavoratori e sindacati come segno dell’inefficienza dell’hub di Malpensa, ignorando che il mercato del Nord Italia è decisamente più ricco di quello del Centro/Sud Italia che fa riferimento a Fiumicino.
I protagonisti di questi anni sono proprio i sindacati, che hanno preso forza e pretendono di continuare a co-gestire l’azienda, fuori da ogni logica economica e con perdite che via via crescono nel tempo e rendono vano ogni piano industriale e ogni tentativo di risanamento. La fine dell’era Cimoli arriva nel 2007: agli inizi dell’anno l’AD lascia. I sindacati hanno vinto ma la situazione è drammatica: Alitalia è di nuovo prossima al fallimento.
E’ l’inizio di un periodo di grande incertezza per Alitalia, che è “in vendita”: si cerca un partner che possa rilanciarla, perché è chiaro che da sola non può sopravvivere. La proposta di Air France fallisce in modo spettacolare, dopo l’ennesima riunione tra i francesi e i sindacati italiani: tutti si ricordano di Spinetta che sale su un aereo (ironicamente di Alitalia) per Parigi e non torna più. Poco tempo dopo, in una mossa disperata per tentare di sopravvivere, Alitalia annuncia il de-hub di Malpensa: a Milano volerà quasi solo da Linate e l’hub sarà a Fiumicino. E’ una farsa: il de-hub nasconde uno dei più poderosi tagli del network che si siano mai visti: da Malpensa verranno tolti 10 milioni di sedili all’anno, che equivale a circa 7 milioni di passeggeri in meno, ma la capacità aggiunta a Fiumicino sarà meno della metà. Interi modelli di aerei scompariranno dalla flotta Alitalia: tutti i regional, sia ad elica (ATR 42/72) che a motore (EMB 145/170), i 767 ed in prospettiva pure i numerosi MD80. Gli esuberi di personale saranno molte migliaia, che rimarranno a carico della collettività per 7 anni.
Dietro le quinte, a Milano si discute di questa mossa, vissuta come un vero affronto, e alcuni commentatori fanno notare che “Alitalia ha chiuso la sua fabbrica più grossa e si è tenuta la più piccola”: una scelta senza senso e senza eguali in nessun’altra compagnia aerea del mondo. La prospettata perdita di 7 milioni di passeggeri annui a Malpensa avrebbe avuto pesanti ricadute sui lavoratori aeroportuali e dell’indotto, così a Milano si creò un tavolo di lavoro SEA/Regione Lombardia per cercare un'alternativa ad Alitalia, individuando l'alleanza e il vettore che avrebbero potuto sostituire Alitalia come hub carrier.
E’ 31 marzo 2008 quando Alitalia lascia Malpensa; lo stesso giorno in cui s’inaugura la Boffalora-Malpensa, un collegamento che permette un netto miglioramento della connettività dell’aeroporto con la sua città. Malpensa è collegata a Milano tramite due autostrade diverse: pochi aeroporti europei possono ventare un’accessibilità migliore.
Il giorno del de-hub Alitalia, AirOne - partner di Lufthansa, apriva voli nazionali, europei e di lungo raggio (Boston e Chicago), iniziando a creare un nuovo sistema hub & spoke da Malpensa e contribuendo a riempire il vuoto lasciato da Alitalia. Vuoto che per la componente point-to-point verrà velocemente colmato dalle compagnie estere, con incrementi di frequenze e nuovi molti voli.
Alitalia, che aveva giustificato il de-hub di Malpensa con una serie impressionante di menzogne, pochi mesi dopo fallirà, ironia della sorte, operando da Fiumicino e non da Malpensa; dimostrando così che il “ritorno a casa” non era la cura ai propri mali, ben più gravi e profondi di un hub “lontano da casa”.
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